Brown Acid (V.A.) “The Second Trip”

Brown Acid 

 

“The Second Trip”

 

RidingEasy Records (LP)

 

Nonostante la rete internet abbia enormemente facilitato le ricerche di qualsivoglia traccia artistica, è incredibile aver riportato fuori dagli Ash - Picture 1scaffali dei collezionisti o dal disuso perpetuo delle band originali, gemme così rare e preziose.

Siamo di fronte ad un favoloso “viaggio” Brown Acid, subito dopo il primo, ottimo, excursus americano, pronto a tuffarsi nel fantasmagorico Second Trip-heavy rock from the comedown era. Un fendente piroclastico, denso di lava incandescente che solidifica la materia attraverso lo scatenarsi delle forze originali. In ordine di epoca, spazio o d’importanza assume la valenza maggiormente indicaticativa, rovistando nel fumante passato, introducendosi negli abissi della particella “proto”, favorendo l’inizio di un lussureggiante ed estroso bioparco musicale da cui attingere le future creazioni.
buck2Come le indimenticabili perle Nuggets, Pebbles, l’area di appartenenza sfocia tra i 60s e 70s, distaccando, però, la serpentina garage-punk allungando il perimetro in un alternarsi di suoni pre-stoner e ante-metal, divinati con dedali psichedelici.
Lance Barresi rivenditore di Permanent Records e Daniel Hall, proprietario della RidingEasy, hanno perfezionato un album di misteriose e impolverate songs dal fascino morbifero, insano, ossessivo, capaci di sorprendere l’approccio moderno sviluppando miriadi di sensazioni destabilizzanti e influenti.
Gli australiani Ash inchiodano dardi ossianici nei locali di Melbourne, ‘Midnight Witch’ scritta da Doug Ford, dei suntuosi Master’s Apprentices, scolpisce ragnatele acidule col glasscuore à-la Black Sabbath. I Sweet Crystals di Detroit scorrono pennellate Hammond con ‘Warlords’, sostenendo una linearità epica da veri proseliti di Vincent Crane, graffiando toni heavy-prog che si innescano in ‘Long Hot Highway’ dei Buck. Il “barbone sprezzante” rinasce da bobine mai pubblicate e guidate dallo spirito di Ian Anderson nella trascinante ‘Bell Park Loon’ di Spiny Normen, pesantemente acidificata come un infuso alla Datura Stramonium. ‘Take It’, Crossfield, hard psichedelico contrappuntato da venature Doors, Cream e anthem-Sunshine-Purple Haze. Poi il glam-metal dei Raving Maniac (Portland) e la loro ‘Rock’n’Roll Man’ in piena era T.Rex e Slade. Dal Michigan il garage-psych di ‘Silence Of The Morning’, tipicamente sixties dei Glass Sun, oppure il fuzz urticante sibilato dalla Volt Rush Band, con ‘Love To You’, scosso da rasoiate stile MC5 e Stooges. Acid-funk, portentoso giro di basso, assolo hendrixiano, opprimente sweet2liberazione in ‘Show Stopper’, grazie a Iron Knowledge raggiunto da infinite rifrazioni, degne delle tastiere di Doug Ingle, in un’altra band del Michigan, Sonny Hugg, incastonata tra armonie anno 1970 e l’incalzante liricità di ‘Daybreak’.

Oggi non potremmo più pensare che “tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”, oggi potremmo rivivere e toccare impagabili gioielli annegati nell’ambra. E ballare ondeggiando fra le go-go dancer.

Sandro Priarone