Gnoomes (RU)

Gnoomes

 

“Ngan!”

 

(Rocket Recordings)

 

In territori lontani ondeggiano sogni evoluti, idee e arte, che difficilmente traguardano la realtà ordinaria. Perm, città russa a più di mille km da Mosca, centro industriale petrolifero, chimico, metalmeccanico non determina particolari fantasie. Eppure Gnoomes (Alex Pyankov gnoomes7vocalist/basso , Pavel Fedoseev percussioni, Dmitriy Konyushevich chitarre), assorbono i segnali di una regione, quella degli Urali, in cui si costruisce il quinto centro per la ricezione delle informazioni spaziali oppure vive il recente ricordo del meteoroide KEF-2013.

Emotività intergalattica, raffinata estensione su nebulose stargaze. Dopo gli esordi digitali, contraddistinti da titoli splendidi ed evocativi come Popol Vuh o Eno, esemplificano illusioni-madreperla, profonde cavità Neu! racchiuse in scarabocchi Barrettiani. Misure universali educate dai synth liquidi di Phaedra. La mappa delle stelle e le costellazioni, impossibili da terraformare,  scrosciano nell’insidia paradisiaca mormorando il lento avanzare di Roadhouse. Germi acustici sovrappongono cristalli drone. Fuzz esangui rincorrono movimenti ritmici, accarezzati da lusinghe deviate simil-Klaus Dinger. La ninna-nanna ingannevole di Myriads scosta un dream-pop gnoomes4trasformato nel finale da reflue macchie in Birthday Party. Moognes recita movenze outtake riemerse dai My Bloody Valentine, sfiora e decresce i battiti arditi in rigogliose coralità esteriori. I quattordici minuti prodigiosi, profusi da My Son, impattano le memorie e le ansie dell’evento misterioso di “luce e cecità” ed attraversano il portale elusivo Joy Division-New Order. Controllo dei toni, improvviso violento rilascio di energia dovuto all’interazione del flusso sonico con l’ambiente attiguo.

Una specie di calibrazione space, deflettendo la stragrande gnoomes5maggioranza delle particelle solari verso i confini planetari. Combinazioni kraut, shoegaze, pop, psych, ipnotismo nordico sperimentale. Gnoomes iniziano a delinearsi quando il cielo comincia a cadere.


Sandro Priarone