You’re Smiling Now But We’ll All Turn Into Demons (UK)

­You’re Smiling Now But We’ll All Turn Into Demons “Population IV” (Cardinal Fuzz 2015)

Quando il leggendario chitarrista dei Blue Cheer, Randy Holden, scatenando tutta l’energia primigenia dell’ Universo e tramutando nubi di gas e polveri in un luminoso composto astrale, lo straordinario “Population II”, di certo non immaginava una nuova classe di stelle quarantacinque anni dopo. demons-1La Popolazione IV diffonde gli elementi fondamentali della galassia heavy psych e ordina una apocalisse cosmica sprigionata da raggi gamma e sfere di fuoco. Il gruppo  inglese domina desolazioni rossastre simili a incubi planetari, solca lande lugubri, esprime tutta la sua cupa energia in spietata radioattività polverizzante.

YSNBWATID, quartetto demoniaco di Portsmouth, trascina gorghi fuzz instabili, scenari strumentali con esecuzioni tratte da blues magmatici senza mai abbassare la tensione su livelli ripieni di doom e sabbathesque style. Già inizialmente l’atmosfera brucia molteplici elementi pesanti quando The Sorcerer morde riffs epici attraverso la dimensione parallela di Iron Man, accompagnando il cuore a sfondare l’accelerazione di un razzo Saturn. Esemplare il duello di chitarre di Sad Alien & Winking Skeleton, una creativa saturazione compressa da spirali di idrogeno che si rincorrono ad elevata velocità. Irriverente l’ambiente arroventato, in tendenza western, con Seya, così come l’assalto rapido, denso di dosi acide, di The Bee Eyes, dove la band si destreggia in luccicanti strutture sonore. I lunghi brani, le infinite tuonanti composizioni come Chapel Perilous, riarso di monumentali distorsioni oltremodo ottenebrate da oscure masse in movimento. E appena la batteria sprofonda in picchi senza luce, avvolgendo il riff dirompente, emerge Throne Control, incendiata da un sole nero con continui lampi narcotici. You'reSmiling 01Quasi un passaggio obbligato fra le pianure crateriche e il bacino Valhalla, dove gli astronauti si perdono nei campi magnetici emessi dai vermi di Callisto. I colori ritornano nel grande finale di Hothouse, la temperatura sale su vertici incandescenti come se il deserto si impadronisse del cuore e del midollo. Fratture di ritmo e vampate chitarristiche scagliano durezze armoniche con deliri sofferti e volumi vibranti. Forse sorridere serve a poco ma, se vi state trasformando in demone, portatevi dietro questo disco, vi aiuterà con le sue tempeste elettriche a oltrepassare i residui stellari come fosse un’armatura invulnerabile.

9/10

Sandro Priarone