Mondo Drag (US)

Mondo Drag

 

“The Occultation Of Light”

 

Riding Easy Records (LP + CD)

 

 

La volta celeste che racchiude le meraviglie del rock psichedelico appartiene all’apogeo della sperimentazione, un insieme di linee melodiche nello spazio alla mondo2ricerca di concetti istantanei e suoni coralmente strabilianti. Appendici a piccole dosi, fondazioni artistiche assorbite dal rock. Una interrelazione a tratti iconologica che sfocia nei tessuti più profondi decretando, in varie modalità, una simbiosi che permea le nozioni psych e progressive. Mondo Drag giunge al quarto album per scorrere, tra gli iniziali dettami acidi a scintille heavy, aperti impressionismi in continuo mutamento.

Se le vette della precedente opera omonima vertevano sulle immagini cristalline di un naturalismo lisergico, diretto e autentico, il nuovo lavoro appartiene alla schiera delle icone da cui trarre ispirazione e riferimento. “The Occultation Of Light” è lo spartiacque dove la materia viene inghiottita e la densità costruisce effetti luminosi come soli che colpiscono immediatamente l’orizzonte. Si capta il mondo6compendio di uno stile, smaterializzarsi e lasciarsi guidare dalla sola bellezza, un’allegoria vicina a Fragile (Yes) e correlata da nuovi paesaggi sospesi.
La passione per la libertà dalle forme antecedenti preconizza elementi armonici e timbrici su quelli portanti, un privilegio che viene dato all’evanescenza, alla gradazione. Fondere la dissolvenza e modellare la sensibilità avviene direttamente in un’ampolla, impennando alcune simmetrie musicali che innescano pensieri pitagorici. Traslazioni per cambiare il corredo del tema e, quindi, la geometria, espandendo le riflessioni surreali e astratte. Un segno variabile, quasi un tributo allusivo, l’interesse per la proporzione del lieve, dell’apparizione utopica, della chimera, attraverso l’ambigua norma di algoritmi simbolici.

Di qui l’onda sinusoidale di ‘Initiation’, con quella voce ozzyanica e le forzature ritmiche tentate dalla tecnica di Michael Giles. La sorpresa ri-plasmata appartiene a ‘Out Of Sight’. Nel manufatto tronco-mondo8conico scoviamo l’asmatico incedere di Sabbath Bloody Sabbath con le tastiere In Rock di Jon Lord. Come se l’insegnamento cupo sfociasse in un moderno riff-spirale. C’è molta teatralità nell’uso del synth che rovescia sostanzialmente le sottolineature figurative in vortici razionali. ‘Rising Omen’ ne è l’esempio uniformando paranoie psichiche e fisionomia romantica. Un presupposto che riemerge in ‘Incendiary Procession’ con la linea dettata dal sintetizzatore che ricorda vaghe promesse melodrammatiche da commedia dell’arte. Un pregiato tessuto che troviamo nei formidabili gruppi italiani dei primi ’70 come gli indimenticabili Osanna o le spore istrioniche dei Genesis su un campo da croquet. L’allunaggio in California con l’engineer Phil Manley riaccende disgregazioni poetiche come ‘The Eye’, piena di raffinatezze coniate dai Doors, agilmente coadiuvate dalla ricerca chitarristica non dissimile a deviate folate crimsoniane sospinte da Red. ‘In Your Head (Parts I&II)’ lacera l’affinità soave con l’impronta di tastiere edulcorate che balzellano nella narcotica Dying Light, sfaldata da incroci e misture sognanti recuperate su coordinate analitiche. Il confetto giallo-violaceo di ‘Ride The Sky’ riflette i lampi di una Strange Kind Of Woman del nuovo millennio intingendola nella sacralità oscuro-spettrale degli Atomic Rooster.

Un album eseguito in direct sound recording ottenendo una larga percentuale di qualità interpretativa. L’ascoltatore sente le nitide note rimbombare e lo scomporsi della maschera. Riordina e mescola il ritratto delle sinfonie trascorse, quelle dell’oro zecchino, istituendo anche mondo9visivamente un’intelligenza autentica assieme alle superlative estrinsecazioni dell’organo Hammond di John Gamino con vibrati, chorus, riverberi.

Il colore puro, colto o selvaggio, occulta semplicemente la divisione tra luce e buio.

 

Sandro Priarone